Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi
i libri di contenuto malefico e per ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta scoprì
– uno di quelli al bando, uno dei meglio – l’elenco
studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi
libri erano stati dimenticati. Corse al suo scrittoio, alato d’ira
e scrisse ai potenti una lettera.
Bruciatemi!, scrisse di volo, bruciatemi!
Questo torto non fatemelo!
Non lasciatemi fuori!
Che forse
la verità non l’ho sempre, nei libri miei, dichiarata?
E ora voi
mi trattate come fossi un mentitore!
Vi comando:
bruciatemi!
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